Due zingari
«Ecco, stasera mi piace cosìcon queste stelle appiccicate al cielo,la lama del coltello nascosta nello stivalee il tuo sorriso, trentadue perle.»Così disse il ragazzo.«Nella mia vita non ho mai avuto famee non ricordo sete di acqua o di vino,ho sempre corso libero, felice come un canetra la campagna e la periferia,e chissà da dove venivano i miei,dalla Sicilia o dall'Ungheria?Avevano occhi veloci come il vento,leggevano la musica…leggevano la musica nel firmamento.»
Rispose la ragazza: «Ho tredici anni,trentadue perle nella nottee se potessi ti sposereiper avere dei figli con le scarpe rotte;girerebbero questa ed altre città,questa ed altre città a costruire giostre e a vagabondare.Ma adesso è tardi anche per chiacchierare.»
E due zingari stavano appoggiati alla notte,forse mano nella mano e si tenevano negli occhi,aspettavano il sole del giorno doposenza guardare niente.Sull'autostrada accanto al campole macchine passano velocementee gli autotreni mangiano chilometri,sicuramente vanno molto lontano,gli autisti si fermano e poi ripartono,dicono: «C’è nebbia, bisogna andare piano»,si lasciano dietro…si lasciano dietro un sogno metropolitano.